L'appuntamento con la giornata delle ricerche
La giornata delle ricerche è un rito che si ripete da 14 anni per l'IZS Sardegna.
Dopo i due anni di pandemia, in cui l'evento è stato realizzato online, dallo scorso anno siamo finalmente tornati ad incontrarci dal vivo.
L’evento, oltre ad essere un momento importante dal punto di vista delle innovazioni e delle sperimentazioni, è da sempre anche una occasione di incontro e di dialogo fra professionisti.
Quest'anno assieme alla presentazione delle ricerche concluse avremo l'occasione di visitare una piccola mostra che, con leggerezza, vuole evidenziare il filo sottile che lega ricerca scientifica e ricerca artistica.
L'evento è accreditato ECM per 1,8 crediti.
Le ricerche 2023
Specie zootecniche di razza sarda: contributo per una migliore tutela e valorizzazione attraverso lo studio del patrimonio genetico...
Acrilamide negli alimenti: valutazione dei livelli di esposizione tramite l’approccio dello Studio di Dieta Totale
Messa a punto di un sistema di sorveglianza attiva per stimare la reale prevalenza di Echinococcosi negli ovini in Italia
Varianti genetiche del suino domestico e selvatico associate alla Peste Suina Africana
Studio del potenziale ruolo di alcune specie di Culicoides e altri artropodi ematofagi nella trasmissione del Blue Tongue Virus
Caratterizzazione della risposta immunitaria in vitro al virus della Blue Tongue in differenti colture cellulari primarie di ospiti naturali
Sorveglianza sulla presenza delle Spirochete del genere Borrelia in differenti specie di artropodi in Sardegna
Implementazione di una banca dati su controlli effettuati su produzioni biologiche destinate alla alimentazione animale
Miglioramento delle strategie e degli strumenti di prevenzione e controllo della peste suina africana in Italia
Genetica
Lo studio è stato eseguito nei comuni dell’Ogliastra, inseriti in una Blue zone, in cui si registra una più alta concentrazione di centenari, anche al fine di individuare la possibile sussistenza dei fattori legati alla longevità umana, con riferimento al consumo di latte di capra e suoi derivati. L’indagine ha interessato 19 allevamenti caprini, nei quali sono stati eseguiti esami genetici, esami sulle principali patologie con particolare riferimento alle zoonosi, studio meta genomico ed esami sulle caratteristiche del latte e sulla somministrazione di latticini (Fruhe) su un gruppo di volontari.
Dall’enorme mole di dati elaborati, emergono informazioni significative, relative a diversi aspetti.
Dalla comparazione del latte di capra razza sarda, rispetto a quello di altre razze, si è osservato un maggior contenuto, statisticamente significativo, dei grassi totali, delle proteine totali, delle caseine, del residuo magro e dei solidi totali ed una significativa riduzione del contenuto in cloruri. Inoltre, si è appurato che l’assunzione dei latticini, nello specifico della “Fruhe” è in grado di modificare il profilo sierico delle principali categorie di acidi grassi.
Relativamente allo studio del patrimonio genetico della capra di razza sarda, sono stati individuati cinque soggetti di razza sarda antica con make-up genomico ‘puro’, ovvero, che non presentano componenti genetiche derivanti da altre razze.
Si sottolinea che in questi cinque caprini, appartenenti a tre diversi allevamenti, dislocati nel comune di Baunei, non è stata riscontrata alcuna positività per l'artrite encefalite caprina e per le principali zoonosi. Si tratta di soggetti che vivono in territori di particolare interesse naturalistico e paesaggistico, particolarmente impervi, in cui difficilmente potrebbero sopravvivere altre razze.
In conclusione, sulla base di quanto emerso dallo studio, meritevole di ulteriori approfondimenti, appare senz’altro auspicabile intraprendere un articolato percorso di tutela e valorizzazione delle specie di razza sarda, legate in maniera indissolubile ai territori più aspri, che fanno parte del patrimonio culturale ancestrale dei centenari.
Specie zootecniche di razza di sarda: contributo per una migliore tutela e valorizzazione attraverso lo studio del patrimonio genetico
Rischi chimici
L’acrilamide (AA) è un contaminante di processo che si forma durante la cottura di alcuni alimenti e costituisce un pericolo chimico nella catena alimentare. Non è presente nei cibi non cotti e nelle materie prime utilizzate per la loro preparazione. Un’esposizione a lungo termine all’AA attraverso la dieta può aumentare la possibilità di sviluppo di forme tumorali e, a dosi più elevate, è associata ad effetti neurotossici [1]. Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), nell’opinione scientifica sull'AA negli alimenti del 2015, ha concluso che i livelli di esposizione all’AA tramite la dieta rappresentano motivo di preoccupazione per la salute umana in riferimento ai possibili effetti cancerogeni, sebbene questi ultimi siano stati riscontrati in studi su modelli animali, ma non in studi epidemiologici [1]. Poiché l'AA è presente in un'ampia gamma di alimenti di uso quotidiano, tale preoccupazione riguarda tutti i consumatori ed in particolare i bambini che costituiscono la fascia di età più esposta.
Anche a seguito delle conclusioni dell’opinione EFSA, la Commissione Europea ha adottato di recente il Regolamento 2158/2017 dove vengono stabilite misure volte a ridurre la presenza di AA negli alimenti, anche tramite la definizione di livelli di riferimento per le diverse categorie di prodotti [2].
Lo scopo del lavoro è stato quello di stimare i livelli di esposizione all’AA in ambito regionale attraverso l’approccio dello Studio di Dieta Totale (TDS), definito ed armonizzato nelle linee guida sviluppate dal gruppo di lavoro congiunto EFSA/FAO/OMS [3]. I TDS rappresentano una metodologia, complementare al sistema di controllo tradizionale basato sulla verifica delle conformità ai limiti, che fornisce una base solida per il calcolo dell’esposizione della popolazione ai contaminanti assunti attraverso la dieta e permette la valutazione dell’impatto sulla salute pubblica. La ricerca si inserisce nella tematica della valutazione del rischio tramite lo sviluppo di sistemi per la condivisione di dati e strumenti. Valutazione del rischio finalizzata a migliorare e facilitare i processi decisionali nella gestione e nel controllo”.
In Italia attualmente non sono disponibili dati di esposizione all’AA, né a livello nazionale né a livello regionale, per la popolazione generale e per specifici gruppi di popolazione (es. diverse fasce di età). La ricerca ha fornito un dato di esposizione della popolazione sarda. L’adozione della metodologia TDS ha consentito di ottenere dati di esposizione prodotti con metodologie standard, riconosciute a livello internazionale, assicurandone la comparabilità con quelli ottenuti in TDS condotti in altri paesi.
La metodologia applicata ha previsto la selezione degli alimenti, rappresentativi in base ai dati di consumo, il loro campionamento, la trasformazione (cottura) secondo le comuni pratiche domestiche, per i prodotti non pronti al consumo, e l’analisi. Particolare attenzione è stata rivolta alla pianificazione dei prelievi su tutto il territorio regionale e alla determinazione di AA mediante un metodo accreditato con elevata sensibilità. I dati analitici ottenuti sono stati combinati con i dati di consumo per la stima dell’esposizione cronica all’AA nelle diverse fasce di età della popolazione.
Il calcolo dell’esposizione alimentare ha permesso di caratterizzare il rischio rispetto ai valori guida per la protezione della salute identificati dall’EFSA e ha consentito di stabilire la probabilità di effetti avversi sulla salute umana.
Acrilamide negli alimenti: Valutazione dei livelli di esposizione tramite l’approccio dello Studio di Dieta Totale
Echinococco
L’Echinococcosi Cistica (EC), zoonosi parassitaria cronica e disabilitante causata dalla forma larvale del verme cestode Echinococcus granulosus sensu lato, è un complesso di specie che include numerosi genotipi.
A livello globale, l’EC umana e animale rimane endemica nelle comunità pastorali che conducono allevamento estensivo, in particolare di ovini.
Gli studi condotti dal Centro di Referenza Nazionale per l’Echinococcosi confermano il carattere endemico della patologia in Italia ed una sua elevata presenza in alcune aree ad alta vocazione zootecnica.
In Italia il monitoraggio sulla presenza di echinococcosi cistica negli allevamenti ovini avviene per sorveglianza passiva in sede di ispezione sanitaria post mortem nei macelli. Con una precedente ricerca il CeNRE, assieme al Centro di Sorveglianza Epidemiologica dell’OEVR, ha prodotto una “stima della prevalenza” della malattia a livello nazionale, calcolata per mezzo di modelli statistici complessi di tipo bayesiano. Questo esito ha costituito il prerequisito per poter progettare un sistema di sorveglianza per lo studio della “prevalenza reale”. In Italia, infatti, non esiste per l’EC un piano di sorveglianza attiva “su base armonizzata e con programma coordinato”, così come da normativa.
Al fine di ottimizzare tempi e risorse già impiegate dai servizi veterinari, con questo studio sì è ritenuto opportuno conciliare le attività del modello che si intende proporre con quelle del monitoraggio ufficiale del Piano Nazionale delle Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili ovi-caprine in sede di macellazione e sui capi morti. In questo modo si sono potuti esaminare gli ovini adulti (età > 18 mesi) sui quali, eseguendo l’ispezione dei visceri post-mortem per valutare l’eventuale presenza di cisti da E. granulosus s.l., si è proceduto al campionamento e al successivo invio dei campioni di cisti agli IIZZSS territoriali delle rispettive Regioni per la conferma diagnostica e le analisi molecolari.
Gli obiettivi della ricerca sono stati: la verifica dell’efficacia e dell’efficienza di un modello sperimentale di sorveglianza attiva, la validazione con i dati di stima della prevalenza dalle elaborazioni condotte come prerequisito. Una volta testato e validato il piano di sorveglianza sperimentale potrà essere proposto al Ministero della Salute per l’applicazione ufficiale.
Si sono potute osservare diverse tipologie di approccio alla sorveglianza di questa malattia: la sorveglianza attiva, la sorveglianza passiva con sollecito da parte dei Dipartimenti di Prevenzione Regionali, la sorveglianza passiva con interessamento diretto da parte della U.U.O.O. per la raccolta dati da parte dei veterinari ufficiali negli stabilimenti di macellazione, la sorveglianza passiva senza alcun tipo di intervento. Sono possibili, dunque, alcune considerazioni:
L'applicazione di un piano di sorveglianza attiva, seppur per un intervallo di tempo ridotto, fornisce dati qualitativamente migliori rispetto a un piano di sorveglianza passiva; tuttavia, la conduzione di questo progetto dimostra come sia sufficiente un’attenzione puntuale nell’ispezione post-mortem e nella trasmissione del dato riguardante l’Echinococcosi cistica negli ovini per far emergere una casistica altrimenti sconosciuta. Non si può omettere che purtroppo anche nella conduzione di questo progetto alcune regioni con probabile criticità elevata non hanno potuto fornire nessun dato.
Comunque, sarebbe auspicabile l’applicazione uniforme di una sorveglianza attiva, possibilmente con una numerosità campionaria ridefinita e rimaneggiata rispetto al piano TSE, su tutto il territorio nazionale.
Messa a punto di un sistema di sorveglianza
attiva per stimare la reale prevalenza di Echinococcosi negli ovini in Italia
Peste Suina
La peste suina africana (PSA) è una malattia infettiva dei suini domestici e selvatici, causata da un virus a DNA (ASFV) appartenente alla famiglia Asfarviridae. La malattia si presenta come una infezione asintomatica nei suidi selvatici del continente africano, mentre in Europa, sia nel maiale domestico che nel cinghiale, si manifesta clinicamente in forma acuta con una mortalità che raggiunge il 100%.
In Sardegna, la PSA, che è presente da ormai più di 40 anni, si è di fatto endemizzata nella popolazione dei suini allo stato brado allevati illegalmente, tra i quali vengono osservate sieroprevalenze sino al 74%, che potrebbero indicare una forma di co-evoluzione virus/ospite con la selezione di varianti genetiche resistenti alla malattia o in grado di modularne il fenotipo clinico.
Per testare questa ipotesi è stato messo a confronto il DNA di oltre 500 suini bradi e più di 100 cinghiali sia sieropositivi che sieronegativi, provenienti dalla stessa zona geografica. Inoltre, sono stati analizzati circa 50 maiali di allevamenti familiari positivi alla PSA e circa 100 maiali sani provenienti da allevamenti familiari sardi.
Entrambi gli esami genetici hanno evidenziato un elevato grado di eterogeneità tra i diversi gruppi analizzati, rilevando che gli animali esaminati rappresentavano popolazioni suine nettamente diverse tra loro, indipendentemente dal loro stato sanitario relativo alla PSA. Lo studio non ha individuato nessuna associazione significativa tra lo stato sanitario relativo alla PSA e particolari tratti genetici.
In conclusione, sebbene da una parte i nostri risultati suggeriscano che la endemizzazione della PSA nei suini bradi della Sardegna potrebbe avere avuto come conseguenza la co-evoluzione virus/ospite, selezionando così un diverso profilo genetico in questa popolazione, è più probabile che le caratteristiche genetiche differenti dei gruppi di questi animali sia l’effetto delle peculiarità di conduzione e gestione insite nel sistema di allevamento illegale dei suini bradi.
Profilo Genetico del Suino Sardo Domestico e Selvatico Endemicamente Esposto al Virus della Peste Suina Africana
Blue Tongue
La Bluetongue (BT) è una malattia infettiva, trasmessa da insetti del genere Culicoides, la cui diffusione è influenzata da diversi fattori, legati alla presenza degli ospiti recettivi, ma soprattutto all’abbondanza dei vettori competenti. Oltre a Culicoides imicola, principale vettore del virus della Bluetongue (BTV), negli ultimi anni sono state individuate nuove specie di Culicoides coinvolte nella diffusione del virus. Inoltre in relazione al numero di sierotipi esistenti del BTV e della capacità vettoriale delle diverse specie di Culicoides l’epidemiologia della malattia risulta ancor più complessa, in quanto Culicoides competenti per alcuni sierotipi talvolta non risultano competenti per altri. La suscettibilità al BTV è stata descritta anche per altri artropodi ematofagi quali zanzare e zecche dure e molli.
Per ottenere la conferma della capacità di un artropode di veicolare un virus risulta necessario soddisfare quattro criteri. Gli artropodi devono essere catturati in presenza di un focolaio e bisogna riscontrare il virus in femmine adulte, catturate in campo, che hanno già digerito il pasto di sangue. Gli altri 2 punti prevedono la capacità di un artropode di infettarsi in seguito ad un infezione orale sperimentale, ma soprattutto la capacità di trasmettere biologicamente l’infezione agli ospiti recettivi. Tutti questi requisiti risultano soddisfatti solo per pochissime specie. Tecniche alternative per valutare la suscettibilità delle diverse specie di Culicoides ai diversi sierotipi di BTV, come la valutazione della presenza del virus in insetti catturati sul campo mediante analisi biomolecolari, e su insetti che hanno effettuato un pasto di sangue in laboratorio o dopo infezione intratoracica, si sono rivelati affidabili, soprattutto se confermati dall’isolamento virale.
La ricerca è stata articolata in diverse fasi con l’obiettivo di studiare la suscettibilità di diverse specie di Culicoides, di zanzare e altri artropodi ematofagi al BTV in modo da individuare eventuali nuove specie vettrici e valutare il loro potenziale ruolo nello svernamento del virus e nelle siero conversioni nei mesi invernali.
A tale scopo sono state effettuate catture di adulti di Culicoides in aziende sede di focolai per individuare le specie positive al virus e successivamente sono state effettuate prove di infezione sperimentale in laboratorio facendo fare un pasto di sangue infetto a femmine di diverse specie di Culicoides catturate in campo e mantenute nell’insettario dell’Istituto. Allo stesso modo è stata studiata la capacità vettoriale di due specie di zanzare, Culex pipiens e Aedes albopictus. La ricerca ha confermato che le specie C. imicola, C. newsteadi e quelle appartenenti all’ Obsoletus complex rivestono un ruolo primario nella trasmissione del BTV. Ma altre specie quali C. circumscriptus, C. cataneii, C. jumineri, C. paolae, C. festivipennis e C. sahariensis, ritrovate positive durante le indagini di campo, potrebbero svolgere un ruolo nella trasmissione e/o nell’overwintering del virus.
Probabilmente in situazioni di focolai abbastanza estesi si crea, a livello aziendale, una presenza del virus negli animali ospiti molto forte e tutte le specie di Culicoides che ruotano attorno agli animali possono entrare in contatto con il virus ed assumerlo con i pasti di sangue. Sicuramente la capacità vettoriale di queste specie andrebbe confermata con ulteriori isolamenti dal campo e infezioni sperimentali in laboratorio.
Il nostro studio ha mostrato che nessuna delle due specie di zanzare testate è suscettibile al BTV. Tuttavia, per escludere completamente queste specie come vettori di BTV sarebbe necessario condurre ulteriori studi sia a diverse temperature sia testare altri sierotipi.
Studio del potenziale ruolo di alcune specie di Culicoides e altri artropodi ematofagi nella trasmissione del Blue Tongue Virus
Blue Tongue
La Bluetongue rappresenta un’importante arbovirosi nel mondo della zootecnia, in particolare in Sardegna dove tuttora si concentra la maggior parte del patrimonio ovino italiano. Nonostante siano recettive al virus della BT tutte le specie di ruminanti, la patogenicità e gli aspetti clinici della malattia si manifestano in forma grave principalmente negli ovini. Tuttavia, anche in questa specie, la sintomatologia può essere caratterizzata da decorsi clinici che variano da forme inapparenti sino ad altre ad esito letale.
Un nostro precedente studio che prevedeva l’infezione sperimentale in arieti con due diversi ceppi di BTV-1, ha evidenziato che, nei capi inoculati con BTV-1IT2006, la BT si è manifestata con decorso fatale, mentre in quelli inoculati con BTV-1IT2013 è risultata lieve con remissione totale dopo 15 gg. Anche le lesioni istologiche osservate negli organi sono risultate più gravi e precoci nei soggetti infettati con BTV-1IT2006. L’utilizzo di due differenti ceppi virali dello stesso sierotipo si è dimostrato quindi determinante nella manifestazione clinica che ne è conseguita.
L’attività di questa ricerca, sulla base delle conoscenze da noi acquisite con l’infezione sperimentale nell’ospite naturale in vivo, è stata tesa alla individuazione di fattori responsabili di differente patogenicità valutando in vitro, da un lato, la suscettibilità e permissività nei confronti del virus della Bluetongue di cellule endoteliali, cellule del Sertoli, cellule del Leydig e macrofagi. Dall’altro, osservando la risposta immunitaria scaturita in seguito all’infezione con due isolati di BTV-1 a differente patogenicità: BTV-1IT2006, che ha mostrato spiccata virulenza in vivo, e BTV-1IT2013, che ha mostrato virulenza inferiore.
A tale scopo sono state allestite, a partire da organi prelevati in sede di macellazione da soggetti BTV-free, colture di cellule primarie endoteliali, cellule del Leydig, cellule del Sertoli di ovino e macrofagi di ovino e caprino. Le cellule sono state tipizzate attraverso tecniche immuno-enzimatiche, idonee a identificarne gli specifici markers. Per la valutazione della suscettibilità al virus le cellule sono state infettate con 1 e 5 MOI di BTV-1. E' stata considerata l’eventuale comparsa di effetto citopatico e si è proceduto a quantificare il virus, mediante tecniche di biologia molecolare, sia all’interno delle cellule che nel terreno di coltura. Inoltre, la presenza del virus all’interno della cellula è stata monitorata attraverso tecniche di immunofluorescenza diretta per la rilevazione della proteina non strutturale NS2. In nessuna delle tipologie di cellule considerate è stato osservato effetto citopatico. Tutte le cellule analizzate si sono dimostrate suscettibili, l’antigene NS2 virale è stato evidenziato all’interno delle cellule con il test IFD. Per quanto riguarda lo studio della permissività, le cellule sono state infettate con 1 MOI di virus e monitorate a 6-24-48-96 ore post infezione.
Tutte le cellule sono risultate suscettibili, mostrando di possedere pertanto i recettori per il virus che ne consente l’ingresso al loro interno, ma solo le cellule endoteliali e i macrofagi hanno consentito una infezione produttiva.
L’analisi della risposta immunitaria ha previsto la valutazione della sintesi di differenti classi di citochine e della proteina antivirale (MX1), tramite tecniche immunoenzimatiche che permettono di quantificarne la produzione a livello extracellulare. È stata osservata una produzione di IFN-1, dopo infezione da BTV, differente a seconda delle cellule e del ceppo utilizzato. Questo risultato è in accordo con quanto descritto in letteratura in relazione alla produzione di IFN-1 e di altre citochine proinfammatorie da parte delle cellule, come risposta del sistema immunitario innato dell’ospite in seguito all’infezione da BTV. Nelle cellule del Sertoli e del Leydig si è osservata la produzione di IFN-1 nelle prime ore post-infezione e si potrebbe ipotizzare che questo possa aver inibito la replicazione virale. Nelle cellule endoteliali è stata osservata replicazione virale e produzione sia di IFN-1 che di IL-6 a 24 e 48h. Nei macrofagi è stata osservata una marcata differenza di risposta dipendente dall’isolato con cui sono stati infettati. Infatti, nei macrofagi infettati con BTV-1IT2013 è stata evidenziata una replicazione virale più efficace statisticamente significativa, rispetto a quella osservata nell’infezione con BTV-1IT2006. La produzione di citochine ha avuto un andamento opposto con una più alta produzione di IFN-α e IFN-β nei macrofagi infettati con BTV-1IT2006 che potrebbe spiegare l’inferiore replicazione virale osservata.
L’induzione da parte del ceppo BTV-1IT2006 di una più alta produzione di IFN-1 potrebbe spiegare la differente patogenicità osservata in vivo nei soggetti infettati con questo ceppo rispetto a quelli infettati con il ceppo BTV-1 IT2013.
Nell’infezione da BTV-1IT2006 la risposta innata dell’ospite via interferone (IFN-1) potrebbe giocare un ruolo significativo nella patogenesi e nella evoluzione della patologia. Infatti, è probabile che la risposta iniziale dell’interferone 1 e il rilascio di mediatori vasoattivi portino a morte le cellule endoteliali facendo sì che l’infezione si manifesti in maniera più o meno grave.
Caratterizzazione della risposta immunitaria in vitro al virus della Blue Tongue in differenti colture cellulari primarie di ospiti naturali
Spirochete Borrelia
Batteri del genere Borrelia sono i responsabili della borreliosi di Lyme che attualmente è la più diffusa e rilevante patologia trasmessa da vettori nelle zone geografiche temperate ed è seconda solo, per numero di casi, alla malaria fra le patologie che richiedono un vettore artropode per la diffusione. È ormai assodato che la trasmissione avviene principalmente attraverso il morso di una zecca, nello specifico dell’Ixodesricinus, ma non possono essere esclusi anche altri tipi di vettori. A tutt’oggi non è disponibile alcun dato aggiornato sulla diffusione in ambito regionale di questi batteri agenti di zoonosi, su quali specie di artropodi fungano da vettori e sull’interazione microrganismo-ospite. Tuttavia la zecca Ixodes ricinus è stata rinvenuta in Sardegna solo casualmente, ed un recente caso di neuroborreliosi di Lyme in un paziente di 70 anni mai uscito dal suo areale di residenza, ha risollevato il problema della presenza di questa malattia nella Regione. L’indagine ha interessato un campione significativo di Culicidae e Ixodida nei quali è stata ricercata la presenza del DNA di Borrelia, e parallelamente è stato condotto uno studio retrospettivo su un gruppo di pazienti selezionati (in un arco temporale tra il 2006 e il 2014) mediante diagnosi differenziale da una collezione di sieri del laboratorio di immunopatologia dell’AOU di Sassari. Sono state catturate ed analizzate un totale di 8804 Culicidae (4518 raccolti nell’anno 2019 e 4286 nell’anno 2020), appartenenti prevalentemente ai generi Culex, Aedes e Anopheles. Tutti gli 8804 esemplari testati molecolarmente tramite real-time PCR hanno riportato esito negativo. Sono stati inoltre testati 494 Ixodida tutte provenienti dall’isola dell’Asinara. Le 222 raccolte dall’ambiente hanno riportato esito negativo, mentre le 272 raccolte da uccelli migratori il 14% è risultato positivo per il DNA di Borrelia. L’indagine retrospettiva, ha coinvolto l’analisi di 58 sieri umani e, la ricerca di IgG e di IgM per Borrelia ha dato esito positivo nel 15,5% dei sieri testati. Migliorare la sorveglianza di questa antropozoonosi è essenziale per il monitoraggio di questa malattia e si ritiene siano necessarie conoscenze eco-epidemiologiche più complete per sviluppare accurati modelli di previsione del rischio, contribuendo in maniera più decisiva alla sorveglianza della Sanità Pubblica ed epidemiologica internazionale e alla diagnosi delle diverse forme di borreliosi di Lyme.
Sorveglianza sulla presenza delle Spirochete del genere Borrelia in differenti specie di artropodi in Sardegna ed indagine su un campione di popolazione a rischio
Bio
Il settore mangimistico necessita di attenzione in quanto presenta un quadro di informazioni di difficile interpretazione. Non esistono infatti banche dati di facile lettura che raggruppino tutte le informazioni su controlli e analisi sulle diverse forme di contaminazione presenti nei mangimi. Questa necessità è rafforzata dal nuovo approccio One Health, che guida la ricerca scientifica, e dalle notizie preoccupanti relative a eventuali implicazioni con la salute umana.
Scopo della ricerca è stato svolgere un’indagine nel settore dei mangimi biologici. I mangimi sono stati studiati per gli aspetti sanitari, chimici, tossicologici, microbiologici.
Altro obiettivo è stato quello di ricercare le diverse Banche Dati che raccolgono e raggruppano informazioni sui mangimi, come quelle dei Centri di Referenza, IIZZSS, Ministero Salute, Sinab, Organismi di Controllo, siti degli operatori del settore mangimi e. In seguito a questa raccolta, si è avviata una Banca Dati con informazioni sul settore, caratterizzata da una rassegna di dati storici, aggiornata di continuo tramite le più recenti segnalazioni o report, e organizzata in maniera schematica, omogenea e di facile e pubblica fruizione.
L’articolazione del programma è stata schematicamente riconducibile a quattro principali Ambiti:
1. Effettuazione di ricerche bibliografiche e documentali su normativa; controlli e informazioni sulle produzioni biologiche destinate alla alimentazione animale.
2. Reperimento di campioni di mangimi certificati biologici ed esecuzione di controlli e analisi di laboratorio sulle contaminazioni chimiche e microbiologiche.
3. Raccolta, elaborazione e confronto dei dati ottenuti con dati e informazioni reperite tramite le banche dati di istituzioni pubbliche e di organizzazioni private.
4. Discussione dati e risultati.
Sui campioni di produzioni biologiche destinate all’alimentazione animale i due Centri di Referenza partecipanti al progetto, il Centro di Referenza Nazionale per le Produzioni Biologiche e il Centro di Referenza Nazionale per l’Alimentazione Animale (C.Re.A.A.), hanno raccolto le informazioni del caso in base a controlli e analisi di laboratorio sulle contaminazioni chimiche e microbiologiche (oligoelementi, metalli pesanti, microrganismi). Un focus particolare è stato dedicato alla ricerca della presenza di Lantanidi (Terre rare, REE) spesso addizionati ai mangimi con funzione di promotori di crescita per aggirare i divieti di utilizzo di ormoni o antibiotici. La quantificazione dei metalli è stata effettuata grazie all'utilizzo di curve di calibrazione e l'intero processo è stato monitorato attraverso l'uso di materiali di riferimento certificati, processati insieme ai campioni, mentre per la ricerca di Salmonella spp si è operato con il Metodo orizzontale per la ricerca, la conta e la sierotipizzazione di Salmonella con sigla IZSBA/11
Le ricerca di contaminanti inorganici è stata focalizzata su lantanidi e metalli pesanti.
In zootecnia biologica i promotori di crescita sono vietati, quindi bisogna prestarvi attenzione perché potrebbero essere usati per questo scopo aggirandone il divieto.
I metalli vengono distinti in base alle caratteristiche tossicologiche in essenziali e non essenziali: i primi svolgono funzioni biologiche fondamentali per la vita degli organismi viventi - ad esempio rame, zinco, selenio, manganese, cobalto, cromo, ferro, nickel. I secondi non hanno nessuno ruolo fisiologico riconosciuto e spesso sono tossici anche a concentrazioni molto basse - come cadmio, piombo e mercurio. La presenza dei metalli nei mangimi deriva in parte dalla naturale costituzione dei vegetali e può anche segnalare un fenomeno di inquinamento di particolari aree.
Finora tutte le attività di laboratorio hanno dato risultati rassicuranti e interessanti.
Anche per quanto riguarda il rischio di contaminazione da Salmonella spp, i risultati finora ottenuti non generano assolutamente preoccupazioni nelle produzioni biologiche.
E’ stata inoltre ottenuta una prima banca dati riguardo le diverse produzioni zootecniche e vegetali di ciascuna azienda grazie alla presenza online dei certificati di accreditamento, accertanti i requisiti previsti dal Reg.(UE) 848/2018 e della normativa nazionale di settore.
E’ stato altresì effettuato uno studio dei regolamenti e delle informazioni riguardanti le produzioni biologiche attraverso i sistemi Sinab e Federbio e tenendo presenti le linee guida della Sanità Animale, del Benessere Animale, della Sicurezza Alimentare nell’ottica One Health.
la ricerca ha evidenziato la necessità di una capillare implementazione dei controlli sulla qualità dei prodotti ha evidenziato la difficoltà per gli allevatori biologici di procurarsi i mangimi certificati.
Ciò conduce alla considerazione che si aprirebbero interessanti prospettive commerciali per i produttori nazionali di mangimi certificati biologici.
Ancora, si rappresentano necessari approfondimenti sulla problematica della radioattività - in particolare in derrate di grano duro, grano tenero, orzo, avena, mais, di importazione da Ucraìna e Russia - che può presumere nella componente oplologica l’utilizzo di armi e proiettili non convenzionali con uso di uranio impoverito.
Implementazione di una banca dati su controlli effettuati su produzioni biologiche destinate alla alimentazione animale
La peste suina africana è una malattia devastante che provoca un'elevata mortalità nei suini domestici e selvatici. Diversi studi hanno suggerito un ruolo chiave dei suini liberi nella persistenza dell'ASFV in Sardegna, agendo probabilmente come serbatoio del virus. Nella parte iniziale del lavoro, è stata fornita una descrizione della distribuzione geografica e della prevalenza dell'ASFV nei suini liberi tra il 2017 e il 2020, quindi sono stati caratterizzati i ceppi di ASFV che circolano tra questi suini liberi illegali.
Un totale di 2491 sieri sono stati analizzati per verificare la presenza di anticorpi dell'ASFV, mentre gli organi di 2726 suini liberi sono stati analizzati per verificare la presenza del virus. La presenza di anticorpi dell'ASFV è stata valutata utilizzando un test ELISA commerciale come test di screening, confermato da un test di immunoblotting. I campioni con IB+ sono stati considerati positivi agli anticorpi dell'ASFV. La presenza del genoma virale negli organi è stata valutata mediante PCR in tempo reale. La presenza di ASFV infettivo è stata valutata in tutti i campioni PCR+, utilizzando il test di Malmquist. Tutti gli esperimenti sono stati condotti in conformità al Manuale dei test diagnostici e dei vaccini per animali terrestri. In questi studi sono stati caratterizzati due ceppi: 103917/18 e 55234/18. I loro genomi sono stati completamente sequenziati e sono state effettuate analisi filogenetiche. Parallelamente, sono stati condotti studi in vitro sui macrofagi confrontando il virulento 26544/OG10, l'attenuato NH/P68 e i due ceppi in studio (103917/18 e 55234/18).
Tra il 2017 e il 2020 sono stati effettuati 47 abbattimenti di suini liberi in 18 comuni, tutti situati nel centro della Sardegna. Il genoma dell'ASFV è stato complessivamente rilevato in meno del 2% dei suini esaminati (PCR-positivi) e solo 53 dei 2726 suini illegali presentavano il genoma dell'ASFV nei loro organi. I campioni PCR+ sono stati successivamente analizzati per l'isolamento del virus con il test di Malmquist: sono stati rilevati virioni infettivi di ASFV solo in 10 campioni, raccolti in due distinte attività di abbattimento.
Un isolato per ogni azione di abbattimento è stato selezionato, amplificato e utilizzato per ulteriori analisi.
Entrambi gli isolati erano emoadsorbenti e si replicavano efficacemente in moMφ, senza differenze rispetto al virulento 26544/OG10. 55234/18 e 103917/18 sono stati completamente sequenziati e l'analisi non ha rivelato alcuna delezione significativa nei loro genomi. Le analisi filogenetiche basate sui dati di sequenziamento dell'intero genoma hanno dimostrato che sono strettamente correlati ai ceppi di ASFV sardi raccolti dal 2010, in particolare al 22653/Ca/2014.
Miglioramento delle strategie e degli strumenti di prevenzione e controllo della peste suina africana
in Italia
Prevenzione PSA
Se il mondo fosse chiaro
L'evento si propone come momento per l'acquisizione di competenze tecnico-professionale innovative, ma anche come occasione di comunicazione agli operatori sanitari dei risultati della ricerca finanziata dal Ministero della Salute, condotta negli ultimi anni dall’IZS Sardegna.
"Se il mondo fosse chiaro l'Arte non esisterebbe"
A. Camus
Un fungo Cryptococcus gattii nel
polmone di una capra
Se il mondo fosse chiaro forse non esisterebbe nemmeno la scienza.
Perchè é, in fondo, la ricerca di senso e di chiarezza che lega Arte e Scienza. Un filo che a volte è visibilissimo, appena si guarda con attenzione un Monet, un Klimt, o dei batteri al microscopio. Perchè simile è il caleidoscopio di colori che quella ricerca sprigiona.
Il piccolo allestimento vuole dare evidenza a quel microcosmo visibile solo ad apparecchiature sofisticate oppure - in forma vaga e onirica - all'Arte.
5 scatti realizzati al microscopio ottico
che nelle forme e nei colori ricordano impressionismo, astrattismo, fauvismo.
la grande onda di Kanagawa
hokusai
cenurosi cerebrale
Ovino. Cervello. Reazione infiammatoria di tipo granulomatoso caratterizzata dalla presenza di numerose cellule multinucleate in un ovino affetto da Cenurosi cerebrale. Colorazione Ematossilina-Eosina.
klee
PARATUBERCOLOSI
Ovino. Intestino. Lesione infiammatoria di tipo granulomatoso in un tratto di intestino (ileo) di una pecora affetta da Paratubercolosi e Scrapie.
Depositi di proteine prionica patologica (PrPsc) in un follicolo linfatico delle placche del Peyer (in marrone) ed abbondante presenza di bacilli alcol-acido resistenti (M. avium subsp. Paratuberculosis) all’interno di cellule epitelioidi (in rosso/violetto).
Tecniche utilizzate: immunoistochimica e colorazione Ziehl- Neelsen.
la notte di valpurga
miro'
la ballerina
Scrapie
Ovino. Linfonodo retrofaringeo. Depositi di proteina prionica patologica (PrPsc ) (in rosso) in un follicolo linfatico di un ovino affetto da Scrapie. Tecnica utilizzata: immunoistochimica.
notte stellata
van gogh
neoformazione in ovino
Ovino. Neoformazione. Carcinoma squamo-cellulare caratterizzato da abbondante presenza di perle cornee. Colorazione Ematossilina-Eosina.
van gogh
fiori di ciliegio
CRIPTOCOCCOSI
Capra. Polmone. Criptococcosi polmonare in una capra, caratterizzata da abbondante presenza del fungo Cryptococcus gattii negli alveoli (in rosso). Tecnica utilizzata: immunoistochimica.